Politecnico di Bari

Politecnico di Bari
DICAR - Dipartimento di Scienze dell'Ingegneria e dell'Architettura
Direttore del Dipartimento: Prof. Carlo Moccia

Tesi di laurea: Lucera. La Fortezza svevo-angioina
Laureandi: Laura Cormio, Alessio Fiore, Stefania Iacovazzo, Antonella Magistro, Tiziana Paradiso, Angela Pepe
Relatori: Prof.ssa Rossella De Cadilhac, Prof. Aguinaldo Fraddosio

Licenza Aedes.PCM Academy: A0010
codice chiave hardware USB: JMKRVNON
autorizzazione in data: 29.11.2021

La tesi riguarda lo studio della Fortezza svevo-angioina di Lucera: è un complesso architettonico formato da una pluralità di costruzioni non completamente decifrabili, edificate in epoche diverse e che con il tempo hanno acquisito nell’insieme una rilevanza storica, archeologica, architettonica e paesaggistica.
Le varie costruzioni sono emerse a seguito di campagne di scavo archeologico e lavori di restauro che si sono svolti in un ampio arco temporale. Fra il 1907 e il 1914 Arthur Haseloff, Martin Wackernagel e Carl Hradil, per conto dell’Istituto storico prussiano, effettuano saggi nel Palatium imperiale, che poi estendono al fossato in prossimità della Porta delle scale e dei piloni del ponte levatoio e ritrovano le fondazioni della Cappella posta al centro dello spazio delimitato dalla cinta fortificata.
Dopo circa un ventennio, fra il 1932 e il 1933 l’amministrazione podestarile prosegue gli scavi (Palatium imperiale, porta esterna, fossato) e intraprende i primi restauri (Palatium, cinta muraria e torri quadrangolari, torri circolari, palazzo reale di Carlo I) sotto la guida di Quintino Quagliati, Carlo Aru, Carlo Ceschi, Renato Bartoccini.
Trent’anni dopo fra il 1964 e il 1965, per conto dell’Accademia Britannica e dalla Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie della Puglia, Francesco Schettini presiede al restauro delle porzioni più deteriorate della cinta fortificata e agli scavi intorno al Palatium che proseguono negli anni Settanta del XX secolo sotto la guida di Sabine Schwedhelm e Carl A.Willemsen.
Negli anni più recenti sono stati intrapresi interventi localizzati, senza che rispondessero ad una visione progettuale unitaria, come il restauro della Torre della Regina e la messa in sicurezza attraverso presidi provvisori della cortina soggetta a cedimento sul fronte occidentale della collina costituita da terreno poco compatto e oltraggiato da una cava di argilla, ora dismessa, che ne ha compromesso la stabilità.
Gli scavi e i lavori di restauro che si sono susseguiti nel corso del tempo hanno messo in luce, seppure parzialmente, ambienti ipogei, corridoi, camminamenti che ora offrono spunti significativi i quali potranno essere colti intrecciando i dati provenienti dalle fonti, edite e inedite, dall’indagine diretta condotta attraverso un rilievo e un’analisi stratigrafica degli elevati, per ipotizzare con un certo grado di attendibilità le fasi costruttive del complesso fortificato, punto di partenza per affrontare con consapevolezza storico-critica un progetto complessivo di conservazione, valorizzazione e di rinnovata fruizione, nel rispetto della materia antica e delle stratificazioni storiche.




Fig. 1 - Vista aerea con inquadramento del monumento (fonte_Google Earth Pro)
 



Fig. 2 - Vista aerea del sito
 



Fig. 3 - Situazione del versante collinare prima degli interventi di consolidamento statico della cortina a sud di fianco la Torre della Leonessa (fonte_Fonseca, Itinerari federiciani in Puglia, Viaggio nei castelli e nelle dimore di Federico II di Svevia, Adda, 2005)
 



Fig. 4 - Vista dei puntelli di ritegno metallici posti a presidio strutturale della cortina interessata da fenomeni di dissesto
 



Fig. 5 - Lesioni delle Torri quadrangolari a Sud
 



Fig. 6 - Vista aerea del Palatium svevo-angioino
 



Fig. 7 - Vista nel corridoio Nord del Palatium svevo-angioino
 



Fig. 8 - Schizzo di Jean Louis Desprez in Voyage Pittoresque (1778)
 



Fig. 9 - Ipotesi di ricostruzione del Palatium svevo-angioino a cura di Hauser (fonte_C.A.Willemsen, I Castelli di Federico II nell'Italia meridionale, Titolo originale: Die Bauten Kaiser Friedrichs II. in Süditalien, Stuttgart 1977)
 



Fig. 10 - Ipotesi di ricostruzione del Palatium svevo-angioino a cura di A. Haseloff (fonte_A.Haseloff, Architettura sveva nell’Italia meridionale, Adda, 1996)
 



Fig. 11 - Ipotesi di ricostruzione del Palatium svevo-angioino a cura di C.A.Willemsen (fonte_C.A.Willemsen, I Castelli di Federico II nell'Italia meridionale, Titolo originale: Die Bauten Kaiser Friedrichs II. in Süditalien, Stuttgart 1977)

L’obiettivo che si prefigge il progetto di restauro, filo conduttore della tesi, è quello di proporre interventi tesi alla conservazione, alla valorizzazione e al recupero dell’organismo fortificato a cui si riconosce un innegabile valorale storico, archeologico, architettonico, urbano e paesaggistico.
Lo stato di consistenza attuale della fortezza e gli interventi anche recenti cui essa è stata sottoposta offrono lo spunto per un progetto complessivo unitario e coerente che, nel riammettere il complesso fortificato nel circuito della fruizione, ne valorizzi le vocazioni d’uso.
Per raggiungere tali obiettivi si intraprenderà un percorso che partendo dalla fase analitica condurrà ad una sintesi progettuale passando attraverso l’indispensabile momento interpretativo. In questo contesto, saranno affrontati gli aspetti strutturali connessi alla valutazione della vulnerabilità sismica delle attuali rimanenze archeologiche, con l’eventuale successivo progetto di interventi di consolidamento.
Verrà inoltre affrontato, alla luce di criteri di plausibilità strutturale, il problema della ricostruzione della morfologia del Palatium svevo-angioino, caratterizzato da soluzioni morfologiche e costruttive di particolare interessi. 
In sintesi, studiare gli aspetti materiali e costruttivi che sostanziano l’opera fortificata, arrivando a comprendere la sua essenza più intima, significa creare le premesse per mettere a punto operazioni tecniche attente e scrupolose al fine di preservarla dai processi di alterazione e deterioramento. Come pure cogliere e comprendere gli aspetti estetico-percettivi legati all’immagine, vuol dire riconoscerne il valore figurativo che come tale va tutelato e valorizzato.
Infine, acquisire dati sugli aspetti funzionali, che implica il dover affrontare questioni legate a problemi di riuso e accessibilità, prelude alla possibilità di rendere vitale la fortezza attraverso un progetto di rinnovata fruizione nell’ambito di una più ampia strategia di sviluppo a scala territoriale.
 

Politecnico di Bari
DICAR - Dipartimento di Scienze dell'Ingegneria e dell'Architettura
Direttore del Dipartimento: Prof. Carlo Moccia

Tesi di laurea: Herdonia, archeologia e restauro
Laureandi: Buono Giuseppe Alessio, Cordasco Emanuele Vittorio, Laricchia Antonella, Lavermicocca Ilaria, Milardo Claudia, Nirchio Andrea, Serpenti Cristina
Relatori: Prof. Ignazio Carabellese, Prof. Aguinaldo Fraddosio

Licenza Aedes.PCM Academy: A0011
codice chiave hardware USB: MLOQPTHH
autorizzazione in data: 29.11.2021

Il tema conduttore della ricerca consiste nell'approfondimento della metodologia di studio delle parti scavate e dei rinvenimenti da esse scaturiti, nella loro accurata rilevazione e classificazione, in vista di un programma di conservazione e di promozione della fruizione del sito in termini di valorizzazione delle potenzialità di attrazione e diffusione della dinamica storica sedimentata da millenni in questa porzione di territorio.
In quest’ambito, sono previsti approfondimenti strutturali che riguarderanno sia la vulnerabilità sismica delle pareti murarie di alcuni edifici, fra cui l’iconico macellum, sia la validazione di ipotesi di ricostruzione della morfologia della basilica della città di Herdonia.

L'area archeologica dell'antica città di Herdonia, ubicata poco distante a Sud della periferia di Ordona (FG) in contrada “La Cavallerizza”, tra le strade S.S. 161 per Napoli e la provinciale Ordona-Ascoli Satriano, occupa un pianoro ondulato che si affaccia sopra la vallata del Carapelle. L'area della città romana, delimitata da una cerchia muraria che definisce una superficie di circa ventiquattro ettari, ha una forma irregolare, allungata, che termina a punta verso Nord, estendendosi su un gruppo di tre colline che si elevano di circa 30 metri sulla citata valle fluviale.
La vitalità del centro, notevolmente esteso in epoca daunia tanto da occupare con piccoli agglomerati una superficie di 600 ettari, si deve alla favorevole posizione lungo i principali assi di collegamento del Tavoliere e alla pianificazione in età romana del tracciato della Traiana.



Fig. 1 - Vista d’insieme dell'area archeologica di Herdonia
 



Fig. 2 - Vista aerea del macellum
 



Fig. 3 - Pianta dell'area della basilica
 

Obiettivo della tesi è il progetto del parco archeologico del sito di Herdonia (FG), in tutti i vari aspetti che è necessario affrontare. La tesi, quindi, spazia dalla conoscenza dello stato fisico del luogo e dei manufatti, alla lettura e all'interpretazione dei segni del passaggio nel tempo delle opere e del contesto ambientale, alle problematiche della definizione progettuale della fruizione del sito, alle necessarie verifiche di carattere strutturale, alle problematiche di definizione del rapporto tra il sito archeologico e Ordona, il centro abitato di riferimento.